Europa e sovranismo dopo questa lunga stagione elettorale

Europa e sovranismo dopo questa lunga stagione elettorale

L’altro meccanismo – psicologico – che si innesca è quello dell’inquietudine e della paura. Anche se noi, in quanto individui e gruppi in situazione, puntiamo a conservare la tranquilla stabilità del nostro mondo, è esattamente questo mondo che sta velocemente cambiando.

Gli adulti invecchiano, i ragazzi mancano. Quelli nuovi arrivano in barcone, quando ce la fanno, dotati di altre culture, abitudini, religioni diverse e spesso ostili. Le nostre chiese si svuotano, i tetti cadono a pezzi. Stiamo perdendo il controllo del nostro presente e del nostro futuro.

Il sovranismo “bianco” non è un’invenzione della politica, è la reazione socio-culturale alla perdita di sovranità sulla propria vita quotidiana. Ci sono classi sociali e intellettuali che hanno la corrente a favore – e sono una minoranza. Ci sono classi e gruppi e individui che restano indietro – e sfiorano la maggioranza. Se la politica non riesce a far intravedere speranze, nessuna meraviglia che appaiano all’orizzonte venditori di almanacchi e di illusioni, che, in cambio di voti e di potere, annunciano nuovi paradisi terrestri di sovranità nazionale e di pace universale, purché restiamo tranquillamente al caldo delle nostre comunità locali, dentro i nostri confini nazionali e custodiamo le nostre tradizioni.

I periodi di transizione sono più difficili

Perciò tentare di cavarsela solo con l’antica dialettica antifascismo-fascismo non porterà lontano. I periodi di transizione sono storicamente i più difficili da governare, ma anche i più fecondi di novità. La transizione ci riconsegna un nuovo lancio dei dadi, che qualcuno aveva gettato prima di noi.

La transizione: esige la messa al bando di approcci fondamentalisti rispetto a questioni quali la transizione energetica, la crisi climatica, il fenomeno dell’immigrazione, l’avvento dell’Intelligenza artificiale, il disordine geopolitico mondiale… Non è più il tempo degli slogan semplificatori.

Se la politica dà voce solo a chi corre, quelli che restano indietro a chi si affideranno? E poiché “politica” coincide, almeno in Europa, con “democrazia” e “statualità nazionale”, il rischio già evidente è che i settori fuori dalla ZTL si rifugino nell’antipolitica e nell’anti-democrazia.  Ha incominciato ad accadere già dal 2008. È ora di apprendere un’altra lezione.

Giovanni Cominelli