La centralità del Parlamento – di Domenico Galbiati

La centralità del Parlamento – di Domenico Galbiati

Dopo le elezioni europee e quel che ne seguirà, in ogni caso il fattore dominante dell’ orientamento politico di INSIEME non può essere dato, a mio avviso, se non dalla preoccupazione di concorrere a costruire fin d’ora, nel nostro Paese, in vista delle prossime elezioni politiche, per quanto siano previste nel 2027, una alternativa in grado di risultare vincente contro la destra oggi al governo e coltivando l’ambizione d’imbrigliare l’Italia nella sua egemonia.

Con ogni probabilità, dovremo, nel frattempo, affrontare il referendum relativo alla riforma del “premierato” che ha già ottenuto, in Senato, la prima delle quattro approvazioni parlamentari previste dall’art. 138 della Carta, per le modifiche della Legge fondamentale dello Stato.

Detto in altri termini, ci avviamo a due appuntamenti che si compendiano in un unico obiettivo: difendere, sostenere, valorizzare anche in questa nuova fase politica l’ordinamento parlamentare e rappresentativo della Repubblica costituzionale. E riscattare il Paese da una miscela nazional-sovranista destinata a sospingerlo in un girone demagogico e populista.

E’ pateticamente illusorio ritenere che una società complessa sia governabile attraverso processi di personalizzazione e di accentramento del potere. I quali, tutt’al più, condurrebbero a percorsi di forzosa semplificazione delle mille questioni in campo, e destinati – anche a voler prescindere dall’involuzione democratica che inesorabilmente li accompagnerebbe – a produrre un drastico impoverimento della capacità di “governare”, nel senso proprio del termine, il tempo della post-modernità. La “complessita” non è una pietra d’inciampo, ma, al contrario, una ricchezza. Mostra quante e quali connessioni, quante contraddizioni, ma anche quali possibili consonanze vadano considerate, dipanate e comprese per ridare alla politica quella facoltà di indirizzo e di guida che ha visibilmente smarrito al sorgere dei nuovi poteri economici, finanziari, transnazionali che la globalizzazione ha recato con sé.

In altri termini, il “premierato”, oltre che lesivo della Costituzione e dell’equilibrio democratico del Paese, si rivelerebbe anche inefficace e confusivo sul piano dell’armonizzazione degli interessi in gioco.

L’ idea che un uomo solo al comando – attore solitario di una governabilità costruita su una sostanziale coartazione della rappresentanza, sull’ addomesticamento del Parlamento, sull’ inerzia di un corpo sociale spinto ai margini di una partecipazione effettiva agli sviluppi della vicenda pubblica, sulla limitazione del ruolo di equilibrio e di garanzia del Presidente della Repubblica – possa comporre gli interessi particolari in una visione complessiva di “bene comune”,  è nella migliore delle ipotesi, e pur concedendo la buona fede ai proponenti, una suggestione paternalistica e perdente.

Quanto più il contesto civile, l’insieme delle ambizioni, delle speranze e degli interessi sociali, le opzioni culturali, le linee di pensiero, le nuove conoscenze, le potenzialità tecnologiche, le attese che vi sono connesse, sono variegate e plurali, tanto più un mondo talmente articolato deve garantire diritto di parola e piena rappresentanza a tutte le voci che concorrono ad una concertazione che esige la costruzione, per quanto difficile, di un consenso convinto e diffuso, che nessun “comando” autocratico può ottenere.

Insomma, dobbiamo difendere e rilanciare la centralità del Parlamento, la sua reale attitudine a contenere la molteplicità di indirizzi che attraversano il corpo sociale, a rappresentare il baricentro di un ordinamento effettivamente democratico.

Sicuramente va rafforzata la “governabilta’”, ad esempio, ricorrendo alla “sfiducia costruttiva”. Ma in nessun modo la governabilità può essere ottenuta a scapito della rappresentanza, come avviene da troppo tempo nel nostro sistema maggioritario e bipolare. Con le conseguenze nefaste, a cominciare dall’ astensionismo galoppante, cui assistiamo.

La governabilità è funzione della rappresentanza e non viceversa.

Ovviamente – e su questo si dovrà tornare – l’alternativa alla destra non può essere solo auspicata o proclamata. Va costruita sulla base di una nuova visione che parli alla speranza degli italiani e riaccendendo la loro passione civile.

Domenico Galbiati