Il negazionismo ambientale

Il negazionismo ambientale

Che il problema dell’ambiente esista è innegabile. Che la questione influisca, e profondamente, sulle nostre vite, sull’economia e che finisca, pertanto, ad essere motivo di scontro culturale e politico è altrettanto certo. In qualche modo, inevitabile. E non può essere altrimenti visti gli enormi interessi in ballo e il coinvolgimento di tutto un modo di vivere, di produrre e di comportarsi cui viene richiesto  una trasformazione, anche culturale.

Già in occasione del diffondersi della pandemia da Covid-19 abbiamo visto il modo in cui le conseguenze economiche hanno fatto emergere la “difesa” di interessi costituiti che hanno portato alla nascita di ciò che è chiamato “negazionismo”. Quelli dell’”apriamo, apriamo” in Italia e la “trimurti” di chi ha sottovalutato a livello mondiale, Trump, Bolsonaro e Johnson. Quelli, insomma, che hanno cercato, prima di negare, e, poi, sono finiti travolti da un più alto numero di vittime che il loro atteggiamento ha oggettivamente provocato.

Per quanto riguarda l’ambiente, questo negazionismo, cui si è contrapposto un ambientalismo che talvolta è apparso altrettanto ideologico, non è dell’oggi. In Italia, il primo intervento legislativo in materia riguardò le acque con la Legge Merli del 1976. Fu furiosamente avversata da tanti settori produttivi, a partire da quelli delle cartiere e dei conciatori, che per secoli hanno sversato nei corsi d’acqua, sulle cui sponde dovevano inevitabilmente insediarsi, scarti e sostanze altamente inquinanti. Quella legge, fu il frutto anche di una cultura ambientale in risveglio grazie alla quale nacquero parchi nazionali, riserve, oasi protette. E a provare a mettere al riparo dalla cementificazione sempre più ampie aree costiere o di particolare rilevanza collinare e montana. E non era, e non è, solo una questione paesaggistica da cartolina. Perché le tutele introdotte sono servite ad una salvaguardia effettiva di un patrimonio che una volta dilapidato non ci sarebbe stato più.

Il negazionismo dei nostri giorni, aizzato ed utilizzato anche da chi gioca le proprie fortune politiche sulla base della difesa ad oltranza dei vecchi equilibri, come allora, si scontra con la richiesta da parte di tutti di una nuova qualità di vita e con le evidenze scientifiche sempre più necessarie per giungere all’equilibrio necessario per mettersi al riparo dagli estremismi, di una parte o dell’altra.

E fortunatamente la Scienza ha progressivamente affinato la propria capacità di verifica e di revisione grazie ai sistemi oramai codificati a livello mondiale in base ai quali è possibile giungere ad un’aperta valutazione di analisi, dati, conclusioni. E’ quello che spesso manca ai negazionisti che ai dati certi e incontrovertibili oppongono solo clamore mediatico.

Nel caso della forte crescita delle temperature di questi mesi, che comunque entreranno a fare parte all’accumulo statistico, sempre più capillarmente in grado di coprire gran parte delle terre emerse, e quindi a fornire ulteriori informazioni sull’andamento ciclico dei fenomeni climatici, c’è da riconoscere che, al momento, sono confermate tutte le previsioni in precedenza fatte sull’innalzamento dei valori mondiali che ci fanno parlare di cambiamento climatico.

All’inizio di luglio, i record di temperatura sono stati superati in gran parte del mondo e i termometri hanno registrato storici livelli record l’Europa meridionale, degli Stati Uniti occidentali e della Cina, provocando morti e incendi legati al caldo. E’ stato confermato il collegamento tra la crescita delle emissioni umane nell’atmosfera e quella delle temperature con un aumento medio del 2,5% in Europa, del 2% in America del Nord e dell’1% in Cina.

E’ vero che a luglio fa caldo nell’emisfero nord del Globo, ma è altrettanto vero che  la tendenza è quella a fare più caldo di quanto non facesse nei lunghi periodi precedenti.

E, allora, resta il problema di ridurre gradualmente l’uso dei combustibili fossili. Questo è un elemento incontrovertibile  che nessuna compagnia petrolifera, o quelle industrie che ancora utilizzano il carbone, riusciranno mai a smentire, a dispetto di tutti i giornali “negazionisti” che tengono in vita grazie alle loro inserzioni pubblicitarie.

Purtroppo, sono anni ed anni che le evidenze scientifiche collegano le ondate di caldo della parte nord del mondo, la più industrializzata e sviluppata, alle ondate di calore che si alternano con eventi metereologici catastrofici ed improvvisi. Questi non sono mai mancati, per carità, ma sicuramente non hanno mai raggiunto le frequenze cui assistiamo ai nostri giorni

E così aumentano anche i morti. Secondo i dati raccolti, nel solo 2022, sono stati oltre 61 mila i decessi collegati al caldo in Europa e alcuni milioni quelli, originati dallo stesso motivo, a livello mondiale negli ultimi tre decenni.

Il punto, dunque, non è quello di negare, bensì di avviare un autentico processo di trasformazione produttivo ed economico in grado di garantire uno sviluppo davvero sostenibile che metta insieme la crescita economica e la tutela del Creato. Considerando anche che i cambiamenti climatici finiscono per colpire con ancora più violenza i più deboli e fragili. Siano essi gli anziani dei paesi ricchi, o le centinaia di milioni di persone vittime di desertificazione, siccità e carestie.